“Essere religiosi, in Indonesia, significa essere interreligiosi”: un forte appello a dialogare con tutte le fedi è stato lanciato da mons. Johannes Pujasumartam, segretario generale della Conferenza episcopale indonesiana e vescovo di Bandung, “Il dialogo è un modo maturo e intelligente di essere indonesiani. La Chiesa che stiamo costruendo dovrebbe essere la Chiesa dei poveri e che si preoccupa per le vittime dell’ ingiustizia”. In Indonesia la religione musulmana è la più diffusa, mentre tra i cristiani i più numerosi sono i protestanti. Su 231 milioni di abitanti, i cattolici sono otto milioni.
Qual è la situazione del dialogo islamo-cristiano in Indonesia?
Il paese, grazie al pluralismo che deriva anche dalla sua composizione religiosa, ha una presenza cristiana organizzata nell’Associazione delle Chiese indonesiane (Pgi, le iniziali in lingua locale) che vedono 98 Chiese-membri in tutto l’arcipelago.
Noi lavoriamo al suo interno, ma cerchiamo anche una relazione con le 315 chiese di matrice evangelica che non sono parte di Pgi.
Ciò a volte crea problemi e impedisce migliori rapporti tra le Chiese.
Quale significato ha il dialogo nel contesto indonesiano?
Quando parliamo di dialogo interreligioso è importante non sottolineare tanto l’aspetto umano, quanto la creazione di una concreta condivisione e la costruzione di una vera armonia tra le fedi. Crediamo possa esistere armonia tra le reli-gioni e che noi cattolici dovremmo essere capaci di diffondere la Buona Notizia attraverso le nostre comunità, ma anche concretizzandole in giustizia, diritti e costruzione di pace nella società.
La Commissione Giustizia e pace della Conferenza cattolica indonesiana, attraverso il suo processo di dialogo chiamato “vita e servizio”, è impegnata continuamente nel rafforzamento dei rapporti e delle azioni all’interno della comunità, ma con un’ottica di “mano tesa” verso le altre comunità.
P. Ferdinando Severi e il dialogo interreligioso
Banda Aceh, o Kutaraja, l’antico nome, è la capitale della Provincia di D.I. Aceh. Conta 200.000 abitanti. Ad Aceh, provincia musulmana del nord Sumatra, P. Ferdinando lavora per il dialogo interreligioso e i diritti umani. Il frate francescano conventuale, da 43 anni in Indonesia e dal 1991 ad Aceh, è impegnato in attività sociali nella parrocchia, ove risiedono circa 1.400 cattolici su una popolazione di 200mila abitanti.
Una delle attività di P. Severi è l’assistenza ai bambini musulmani handicappati, “per mostrare ai musulmani la nostra attenzione e apertura”. Con finanziamenti della Caritas Indonesiana e di benefattori italiani ed europei, p. Severi ha organizzato interventi chirurgici per migliaia di bambini disabili.
P. Ferdinando è “amato e minacciato” soprattutto per questa sua attività a sfondo sociale e caritativo. Egli raccoglie ogni anno una settantina di persone (soprattutto bambini) portatrici di handicap fisico (poliomelite, labbro leporino, ecc.) e li porta in Missione a Deli Tua (Medan) per farli operare. L’operazione è fatta gratuitamente da chirurghi olandesi, ma poi occorrono mesi di fisioterapia in centri specializzati con forti spese da lui sostenute gratuitamente. Nonostante questo, pur amato da tanti, è anche minacciato dai Capi musulmani che vedono questa sua opera un modo per fare proselitismo. Ma nessuno di questi pazienti viene spinto alla conversione da P. Ferdinando.