NON SIAMO RIMASTI INDIFFERENTI
“Il Natale ci insegna, a mettere in comune ciò che abbiamo, ci sprona ad esercitarci nella condivisione, a dare e ricevere con semplicità e gioia, con amore gratuito che non attende né ricompensa né gratitudine”.
“Non Siamo rimasti indifferenti” Non è un semplice slogan o frase fatta, ma è ciò che, attraverso tutti voi, ho potuto sperimentare ancora nel corso del 2011: una vera e propria gara di interesse alla solidarietà verso alcuni eventi, davanti ai quali non si è rimasti indifferenti, e per le adozioni e progetti da noi proposti. Ognuno secondo le proprie possibilità ha voluto in qualche modo partecipare ai tanti drammi e necessità e rendersi prossimo con chi soffre e vive diverse necessità.
Il Vangelo con i suoi insegnamenti è sempre connesso con gli eventi della società. L’indifferenza è assolutamente contraria ai principi del Vangelo, che ci chiede di seguire l’esempio e gli insegnamenti di Gesù Cristo, che invita a praticare la giustizia e amare la pietà. Il dramma del Corno d’Africa è davanti agli occhi di tutti. Per mesi la comunità internazionale – e di fatto chiunque seguisse la situazione – sapeva ciò che sarebbe poi accaduto, cioè che l’avvento di una diffusa carestia avrebbe causato gravi danni alle famiglie, il venti per cento delle quali oggi si trova a dover affrontare un’estrema riduzione dei beni alimentari, con livelli di acuta malnutrizione superiori al trenta per cento. Un dramma in cui l’indice di mortalità è di oltre due persone al giorno ogni diecimila. E la maggior parte sono bambini. Anche prima della carestia, la situazione era drammatica per i bambini sotto i cinque anni nei campi di rifugiati, per via del nutrimento insufficiente, al di sopra del livello di emergenza. Considerando questi fatti e vedendo le tante immagini che quotidianamente sono sotto i nostri occhi, mi è venuto alla mente l’episodio evangelico della moltiplicazione dei pani.
In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevan bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla, perché vada nei villaggi e nelle campagne dintorno per alloggiare e trovar cibo, poiché qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Date loro voi stessi da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente».
C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai discepoli: «Fateli sedere per gruppi di cinquanta». Così fecero e li invitarono a sedersi tutti. Allora egli prese i cinque pani e i due pesci e, levati gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono e si saziarono e delle parti loro avanzate furono portate via dodici ceste (Luca 9,11-17).
Quante volte abbiamo sentito risuonare nella mente e nel cuore le parole di Gesù: «Date loro voi stessi da mangiare»… e quante volte, come i discepoli, conoscendo la nostra impossibilità, davanti ai tanti grandi problemi abbiamo risposto: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci»…
Utopia, sogno?
Ciò che è accaduto è un’utopia? Un sogno? No! É la promessa di Dio, è la manifestazione di una tenerezza infinita che intende rispondere ai bisogni dell’uomo, anche i più elementari: la tenerezza del Signore si espande su tutte le creature. Gli occhi di tutti sono rivolti a Te in attesa e tu provvedi loro cibo a suo tempo. Tu apri la tua mano e sazi la fame di ogni vivente (Sal 144).
E se ancora non siamo persuasi che il miracolo dell’abbondanza materiale e spirituale possa accadere anche ai nostri giorni, ricordiamoci che il miracolo non dipende da noi, noi siamo solo i “pesci e i pani” da moltiplicare e le mani per condividere e distribuire. Per questo da parte nostra si richiede abbandono totale e fiducioso al cuore amante di Dio, Gesù Cristo, presenza discreta e nascosta che, se lo vogliamo, moltiplica il “poco” che abbiamo da offrire per fare cose grandi.
Il duplice miracolo
Date loro voi stessi da mangiare! Inizia da qui il primo vero miracolo. È un invito a non rassegnarsi, a non accettare il mondo così com’è, con le sue pesantezze e finitezze. La vera necessità è saper aprire gli occhi. Scrutare bene i segni di novità.
E la novità assoluta è Qualcuno che può vincere e vuole vincere ogni necessità.
Qualcuno che già un tempo ha provveduto alle necessità del suo popolo. Come non vedere che c’è la bontà amante di Dio che vuole un’umanità riscattata dalla necessità, sciolta dai suoi limiti.
Ecco il primo segno da saper cogliere in questo fatto miracoloso: a fronte di ogni necessità, pur vera e reale, c’è sempre l’amore di Dio. E questo deve diventare motivo di speranza per ciascuno.
Il secondo segno del miracolo è la donazione-condivisione che hanno reso possibile l’abbondanza.Infatti, se quei cinque pani e due pesci fossero rimasti nelle mani degli apostoli, il miracolo non si sarebbe potuto compiere. Bisognava invece che dalle mani degli apostoli passassero nelle mani di tutti. Il miracolo della moltiplicazione comincia quando il pane da mio diventa nostro. Il pane per noi stessi è una questione materiale, ma il pane per tutti è una questione spirituale. La moltiplicazione, quindi, è possibile solo quando si condivide, cioè si mette il pane nelle mani di Dio.
E questo ci stimola a non restare inoperosi, se Cristo opera con noi tutto è possibile. È Lui stesso infatti che ci riempie le mani e, a meno che non le chiudiamo, noi abbiamo sempre qualcosa da fargli moltiplicare, da dargli, perché ne faccia ciò che vuole.
Vietato essere indifferenti
ll miracolo, che tutti possiamo compiere, non è quello della moltiplicazione, ma quello della condivisione fraterna di pochi pani che, affidati alla potenza di Dio, non solo bastano per tutti, ma addirittura avanzano, fino a riempire dodici ceste. Gesù ci offre qui un esempio eloquente della sua compassione verso la gente. Non ci dà per questo una ricetta utile per sfamare i popoli del mondo, né per risolvere il dramma della fame. Ci ricorda che è vietato essere indifferenti davanti alla tragedia degli affamati e assetati! Ci incoraggia a dar loro da mangiare e a dividere il pane con i bisognosi. Seguendo il Cristo dobbiamo essere sensibili alla povertà dei popoli”.
Dall’indifferenza alla solidarietà
Dunque anche noi possiamo compiere miracoli, se solo volessimo dividere e condividere, perché anche oggi, come allora, Gesù prende ciò che gli diamo e lo mette a disposizione di tutti, saziando nello stesso tempo la fame nostra e quella degli altri.
Ma, se per egoismo o per mancanza di fiducia, noi vogliamo pensare solo alle nostre necessità, se vogliamo tenere stretti nelle mani i nostri pani e i nostri pesci perché temiamo di rimanere a mani vuote, allora, certamente, quelle poche cose non riusciranno a saziare neppure noi. E con le mani piene e chiuse non riusciremo a vedere compiersi i miracoli di Dio. Madre Teresa di Calcutta diceva profeticamente: “il peggior male è l’indifferenza”.
Durante questi anni di servizio alle missioni ho avuto tante testimonianze, da voi tutti, che con generosità avete messo nelle mani di Dio la vostra sensibilità e l’interesse, la vostra preghiera e carità.
Al Centro Missionario riceviamo molte telefonate e lettere in cui ci chiedete come essere vicini alle tante piccole o grandi emergenze, senza dimenticare i tanti progetti che, come Centro Missionario, da anni sosteniamo in tante parti del mondo.
Quante volte ci siamo sentiti interrogati dalle urgenze di altri e non ci siamo acquietati dicendoci che posso dare?.., Non ho niente!… Ma è proprio quel niente nelle nostre mani che, affidato al Signore, può moltiplicarsi e diventare sostegno e ristoro per tanti, al di là di ogni nostra previsione.
Il Signore ci chiede questo: sii fedele nel poco, là dove essere fedeli non significa custodire rabbiosamente il poco che riconosciamo di avere, ma piuttosto avere l’umiltà e il coraggio di condividere, nella fiducia che la volontà salvifica del Signore vuole passare per le nostre povere mani.
Betlemme terra del pane; Natale festa della condivisione
Betlemme, in ebraico significa “la casa del pane”. E’ significativo che Gesù nasca in una località che porta quel nome particolare e che venga posto, appena nato, in una… mangiatoia! Un grande e profondo messaggio è racchiuso in questo fatto che anticipa ciò che Gesù compirà durante la sua vita quando attirerà a Sé le folle semplici con il miracolo del pane.
Come nell’unica preghiera che ci ha insegnato, il Pater, riassumerà ogni domanda materiale nella richiesta del pane quotidiano.
Come nell’Ultima Cena istituisce l’Eucaristia e sotto le apparenze del pane lo dona ai suoi discepoli.
In questo tempo di Avvento, mentre ci prepariamo alla celebrazione del Natale, ricordiamo come S. Francesco d’Assisi, affascinato dal mistero dell’Incarnazione volle riproporre a Greccio nel presepe vivente, «divenendo in tal modo iniziatore di una lunga tradizione popolare che ancor oggi conserva il suo valore per l’evangelizzazione» perché parla dell’umiltà e della bontà misericordiosa di Cristo, che a Betlemme si fa “pane” per noi. Il Natale ci insegna, a mettere in comune ciò che abbiamo, ci sprona ad esercitarci nella condivisione, a dare e ricevere con semplicità e gioia, con amore gratuito che non attende né ricompensa né gratitudine.