ALCUNI PASSI DEL DISCORSO DI PAPA BENEDETTO XVI
Sono passati venticinque anni da quando il beato Papa Giovanni Paolo II invitò per la prima volta rappresentanti delle religioni del mondo ad Assisi per una preghiera per la pace. Che cosa è avvenuto da allora? A che punto è oggi la causa della pace?
(…) Nel 1989, tre anni dopo Assisi, il muro cadde senza spargimento di sangue. All’improvviso, gli enormi arsenali, che stavano dietro al muro, non avevano più alcun significato. Avevano perso la loro capacità di terrorizzare. La volontà dei popoli di essere liberi era più forte degli arsenali della violenza. (…)
Cerchiamo di identificare un po’ più da vicino i nuovi volti della violenza e della discordia. (…) Anzitutto c’è il terrorismo, nel quale, al posto di una grande guerra, vi sono attacchi ben mirati che devono colpire in punti importanti l’avversario in modo distruttivo, senza alcun riguardo per le vite umane innocenti che con ciò vengono crudelmente uccise o ferite. Agli occhi dei responsabili, la grande causa del danneggiamento del nemico giustifica ogni forma di crudeltà. Viene messo fuori gioco tutto ciò che nel diritto internazionale era comunemente riconosciuto e sanzionato come limite alla violenza. Sappiamo che spesso il terrorismo è motivato religiosamente e che proprio il carattere religioso degli attacchi serve come giustificazione per la crudeltà spietata, che crede di poter accantonare le regole del diritto a motivo del “bene” perseguito. La religione qui non è a servizio della pace, ma della giustificazione della violenza.
La critica della religione, a partire dall’illuminismo, ha ripetutamente sostenuto che la religione fosse causa di violenza e con ciò ha fomentato l’ostilità contro le religioni. Che qui la religione motivi di fatto la violenza è cosa che, in quanto persone religiose, ci deve preoccupare profondamente. (…)
Ed altri obietteranno: ma esiste veramente una natura comune della religione, che si esprime in tutte le religioni ed è pertanto valida per tutte?
Qui si colloca un compito fondamentale del dialogo interreligioso – un compito che da questo incontro deve essere nuovamente sottolineato.Come cristiano, vorrei dire a questo punto: sì, nella storia anche in nome della fede cristiana si è fatto ricorso alla violenza. Lo riconosciamo, pieni di vergogna.
Queste domande le dobbiamo affrontare se vogliamo contrastare in modo realistico e credibile il ricorso alla violenza per motivi religiosi.
Ma è assolutamente chiaro che questo è stato un utilizzo abusivo della fede cristiana, in evidente contrasto con la sua vera natura. Il Dio in cui noi cristiani crediamo è il Creatore e Padre di tutti gli uomini, a partire dal quale tutte le persone sono tra loro fratelli e sorelle e costituiscono un’unica famiglia. La Croce di Cristo è per noi il segno del Dio che, al posto della violenza, pone il soffrire con l’altro e l’amare con l’altro. Il suo nome è “Dio dell’amore e della pace” (2 Cor 13,11). È compito di tutti coloro che portano una qualche responsabilità per la fede cristiana purificare continuamente la religione dei cristiani a partire dal suo centro interiore, affinché – nonostante la debolezza dell’uomo – sia veramente strumento della pace di Dio nel mondo.
(…) Qui non vorrei però soffermarmi sull’ateismo prescritto dallo Stato; vorrei piuttosto parlare della “decadenza” dell’uomo, in conseguenza della quale si realizza in modo silenzioso, e quindi più pericoloso, un cambiamento del clima spirituale. L’adorazione di mammona, dell’avere e del potere, si rivela una contro-religione, in cui non conta più l’uomo, ma solo il vantaggio personale. Il desiderio di felicità degenera, ad esempio, in una brama sfrenata e disumana quale si manifesta nel dominio della droga con le sue diverse forme. Vi sono i grandi, che con essa fanno i loro affari, e poi i tanti che da essa vengono sedotti e rovinati sia nel corpo che nell’animo. La violenza diventa una cosa normale e minaccia di distruggere in alcune parti del mondo la nostra gioventù. Poiché la violenza diventa cosa normale, la pace è distrutta e in questa mancanza di pace l’uomo distrugge se stesso.
L’assenza di Dio porta al decadimento dell’uomo e dell’umanesimo. Ma dov’è Dio? Lo conosciamo e possiamo mostrarLo nuovamente all’umanità per fondare una vera pace? (…)
Accanto alle due realtà di religione e anti-religione esiste, nel mondo in espansione dell’agnosticismo, anche un altro orientamento di fondo: persone alle quali non è stato dato il dono del poter credere e che tuttavia cercano la verità, sono alla ricerca di Dio. Persone del genere non affermano semplicemente: “Non esiste alcun Dio”. Esse soffrono a motivo della sua assenza e, cercando il vero e il buono, sono interiormente in cammino verso di Lui. Sono “pellegrini della verità, pellegrini della pace”. Pongono domande sia all’una che all’altra parte. Tolgono agli atei combattivi la loro falsa certezza, con la quale pretendono di sapere che non c’è un Dio, e li invitano a diventare, invece che polemici, persone in ricerca, che non perdono la speranza che la verità esista e che noi possiamo e dobbiamo vivere in funzione di essa. Ma chiamano in causa anche gli aderenti alle religioni, perché non considerino Dio come una proprietà che appartiene a loro così da sentirsi autorizzati alla violenza nei confronti degli altri. (…)
Per questo ho appositamente invitato rappresentanti di questo terzo gruppo al nostro incontro ad Assisi, che non raduna solamente rappresentanti di istituzioni religiose. Si tratta piuttosto del ritrovarsi insieme in questo essere in cammino verso la verità, dell’impegno deciso per la dignità dell’uomo e del farsi carico insieme della causa della pace contro ogni specie di violenza distruttrice del diritto.
In conclusione, vorrei assicurarvi che la Chiesa cattolica non desisterà dalla lotta contro la violenza, dal suo impegno per la pace nel mondo. Siamo animati dal comune desiderio di essere “pellegrini della verità, pellegrini della pace”. Vi ringrazio.
ALCUNE RIFLESSIONI DI BARTOLOMEO I
”Dobbiamo opporci alla deformazione dei messaggi delle religioni e dei loro simboli da parte degli autori di violenza”. E’ il messaggio lanciato dal patriarca ecumenico di Costantinopoli nella sua testimonianza. Per il rappresentante ortodosso, 25 anni dopo l’incontro dell’86, dieci anni dopo l’11 settembre e ”nel momento in cui le ‘primavere arabe’ non hanno messo fine alle tensioni intercomunitarie, il posto delle religioni tra i fermenti in atto nel mondo resta ambiguo”. Bartolomeo I ha messo in guardia contro la ”cresciuta marginalizzazione delle comunita’ cristiane nel Medio Oriente”. “I responsabili delle religioni – questo il suo appello – devono farsi carico del processo di ristabilimento della pace. Poiche’ il solo modo di levarci contro la strumentalizzazione bellicista delle religioni è di condannare fermamente la guerra e i conflitti e di porci come mediatori di pace e di riconciliazione”. Inoltre contro ”l’indifferenza” e i ”particolarismi”, e contro”l’odio, il conflitto, la violenza” che ne nascono, ”solo il dialogo è una soluzione percorribile e a lungo termine”.
ALCUNE RIFLESSIONI DI KYAI HAJI MUZADI
Le divisioni e i contrasti tra le religioni nascono dalla ”mancanza di comprensione piena e completa” e quindi dalla ”distorsione” della religione stessa, oltre che da ”strumentalizzazioni” per finalita’ estranee alla religione. E’ quanto ha sostenuto il segretario generale della Conferenza Internazionale degli Studiosi islamici (Icis).
Quando i seguaci ”sbagliano nel comprendere gli aspetti sociali della religione – ha detto Muzadi -, allora l’errore finisce per avere conseguenze sull’intera societa’, nella forma di tensioni sociali o perfino di conflitti sociali. E tali conflitti sociali possono scivolare persino in forme di conflitto tra Stati nel mondo”.
”Ogni religione possiede la propria identita’ – ha detto il rappresentante islamico -. Tra religioni vi sono somiglianze e differenze”. Ma ”un carattere comune ad ogni religione è la speranza per la creazione di armonia tra gli uomini, pace, giustizia, prosperità e di un migliore livello di vita”.
ALCUNE RIFLESSIONI DEL RABBINO DAVID ROSEN
”Un debito di gratitudine alla memoria del Beato Giovanni Paolo II” per aver dimostrato ”in una maniera cosi’ visibile” l’aspirazione degli uomini e delle donne di fede la loro aspirazione alla pace. E ”dobbiamo essere profondamente grati al suo successore, Papa Benedetto XVI per aver continuato questo cammino”.
”I saggi del Talmud – ha detto il Rabbino – ci insegnano che pace non solo è il nome di Dio, ma è anche il prerequisito indispensabile per la redenzione”. ”Inoltre – ha aggiunto – i nostri saggi sottolineano che non vi e’ altro valore per cercare il quale siamo obbligati ad uscire dalla nostra strada, come accade per la pace”.
”Possa l’incontro di oggi rinvigorire tutti gli uomini e dorme di fede e di buona volonta’ per moltiplicare i nostri sforzi e fare di questo obiettivo una realta’, realta’ che porti vera benedizione e guarigione all’umanita’, come sta scritto: ‘Pace, pace ai lontani e ai vicini e io li guarirò” .