Testimonianza del dott. Andrea Di Pietro, dentista romano, della sua esperienza di due settimane nell’esercizio della sua professione, e come agente di formazione alla prevenzione delle malattie dentarie.
Ho sempre portato dentro il desiderio molto forte di lavorare in Africa, un po’ ammetto per vanità, un po’ perché è un continente che, tranne nelle grandi metropoli, conserva ai miei occhi ancora il fascino della creazione prima che l’uomo la rovinasse con certa modernità e cosiddetto progresso. Così quando vado, amo passare tutto il tempo libero ad esplorare questo posto meraviglioso e puro, stando con la gente il più possibile.
Credo proprio di essere affetto da mal d’Africa: non c’è stato un solo giorno degli ultimi sette anni della mia lontananza in cui non abbia pensato all’Africa. Certo, il posto è unico e certi scenari non si possono descrivere in modo esauriente, bisogna andare. Ma è soprattutto la gente che mi manca, con quel modo di entrare in contatto con te, senza maschere e senza ipocrisie. Sono veramente contenti di conoscerti e se li vai trovare a casa e sono realmente felici di riceverti.
Quello che contagia e rende felici è la gioia di vivere degli africani è come una grande consolazione e ricompensa che Dio riserva a questo popolo così martoriato dalla fame: “Beati i poveri perché di essi è il regno dei cieli, beati gli afflitti perché saranno consolati”. L’Africa è il posto giusto per vedere questa parola realizzata.
Penso che la nostra società occidentale, scegliendo di mettere al primo posto il benessere, dell’avere, come dice Fromm, e non dell’essere si sia auto-condannata a una perenne alienazione dalla realtà dei rapporti umani, con la terra e con l’ambiente che non si rispetta più, ma ci appartiene.
Curare i denti in un posto dove c’è un dentista, forse ogni tre/quattrocentomila abitanti, ti fa sentire come uno che deve svuotare una vasca da bagno con un contagocce. Mi sento meglio quando penso al progetto che ho seguito di prevenzione e promozione della salute orale nelle scuole elementari.
Ho ancora nel cuore gli sguardi curiosi e gentili dei piccoli che mi osservavano curiosi e benigni quando mi sedevo nei banchetti in mezzo a loro. Sono vere e proprie spugne e hanno ascoltato con grande entusiasmo le nostre lezioni di educazione all’igiene orale facendo tantissime domande e rispondendo numerosi all’invito a presentarsi all’ambulatorio.
E comunque ormai ho imparato: le prime volte partivo con la presunzione di dare qualcosa, adesso parto con l’umiltà di chi sa di andare a ricevere qualcosa da chi ha di più, da chi è più saggio di fronte alla vita.
Come dimenticare la visita al villaggio nella Savana e la Messa, i meravigliosi canti, l’emozione delle danze, di aver mangiato il cibo africano sotto un albero… E infine gli amici frati Tomas, Giacomo, Marek e Christian che mi hanno accolto come un fratello già dal primo giorno mettendomi a mio agio e facendomi sentire a casa. Certo, a casa non mi alzo alle 5 del mattino per andare a Messa ma anche questa esperienza di coricarsi presto e alzarsi ancor prima mi ha fatto sentire in sintonia con il convento e la realtà che là si vive; e poi l’alba africana ha un sapore.
Devo dire poi senza enfasi ed esagerazioni che stare con loro è stato un dono particolare della provvidenza, perché ho avuto veramente la sensazione di essere al cospetto di uomini di Dio, che hanno rinunciato a tutto, è vero, ma che hanno trovato una pienezza e una gioia di vivere. Basterebbe passare con P. Giacomo solo una mezza giornata per vedere come si doni alla gente, la sua gente e si faccia prossimo di tutti gli ultimi che il Signore gli mette davanti, con quale entusiasmo. Così come P.Tomas dona ogni giorno la sua vita a Gesù, portando sulle spalle la responsabilità del centro medico e della missione, immune alla stanchezza e sempre col sorriso e pronto alla battuta. E’ noto ormai da tempo che il primo scheletro accertato dagli studiosi come appartenente ad un essere umano è la femmina Lucy ritrovata in Etiopia: si è ormai certi che la grande storia dell’uomo abbia avuto origine qui e non mi stupisce affatto che il Signore abbia scelto il più bello dei continenti per dare luogo alla sua creatura prediletta.