IL MISSIONARIO FRANCESCANO N2-3; MARZO-APRILE 2013
L’ Anno della fede raggiungerà il suo scopo se ci impegneremo per dare maggiore consistenza e profondità al dono prezioso della fede, ne riscopriremo la bellezza, sperimenteremo la luce e la speranza che immette nella nostra esistenza, e la testimonieremo con semplicità ed entusiasmo.
Carissimi, “Il Signore vi dia pace”!
Una delle ragioni, alla base dell’Anno della Fede che stiamo vivendo, attiene alla situazione socio-culturale odierna, venutasi a determinare a seguito di profonde trasformazioni demografiche, di mentalità, modelli e stili di vita, evoluzione delle scienze, globalizzazione. In tale contesto, l’Anno della Fede ci provoca ad andare all’essenziale, a ritrovare l’anima, l’ispirazione vitale del nostro essere cristiani.
La fede, oggi, sempre meno si trasmette per semplice tradizione culturale e sociologica; sempre di più è una scelta personale motivata.
Nel cuore dell’uomo è iscritto un desiderio di assoluto, una nostalgia di Dio alla quale la Chiesa è chiamata a dare risposta riscoprendo la propria fede, approfondendola, proclamandola e testimoniandola.
Ma come? Cosa fare?
Porta fidei è un invito a seguire, ad approfondire, testimoniare ed inoltre un pressante invito a comunicare
la bellezza e la gioia della fede.
Il Motu proprio è un invito a: “mettere in luce la gioia e il rinnovato entusiasmo dell’incontro con Cristo” (2), “illustrare a tutti la forza e la bellezza della fede” (4), “riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede” (7),- perchè continua-”la fede … quando viene comunicata come esperienza di grazia e di gioia, allarga il cuore” (7), “le prove della vita sono preludio alla gioia e alla speranza cui la fede conduce” (15). L’Anno della fede raggiungerà il suo scopo se, e nella misura in cui ci impegneremo per dare maggiore consistenza e profondità al dono prezioso della fede, ne riscopriremo la bellezza, sperimenteremo la luce e la speranza che immette nella nostra esistenza, e la testimonieremo con semplicità ed entusiasmo.
Il credere non consiste semplicemente nel ritenere che Dio esiste. Il demonio sa che Dio esiste, ma non ha la fede (cf. Gc 2,19). L’atto di fede, come virtù teologale, si ha quando Dio è riconosciuto come Creatore, l’Assoluto, Sorgente dell’essere e della vita, e scelto come Amore infinito, Fondamento e Fine della propria vita. Dio è l’Essere personale, in relazione con il mondo, con l’essere umano e la storia. Dio rimane sempre un mistero nel senso che non si finisce mai di conoscere. Il mistero più alto è il Crocifisso, Dio che ha condiviso la nostra condizione umana fino al suo abisso di sofferenza e di morte.
Avere fede è intrattenere una relazione con Dio, una relazione in cui è coinvolta tutta la persona, non solo l’intelletto ma, anche, la volontà, il cuore, la coscienza.
L’atto di fede è un’opzione fondamentale, una scelta radicale di vita, del senso ultimo della vita e del mondo, perché o Dio è riconosciuto di suprema importanza, altrimenti non è riconosciuto come Dio.
La gioia di credere e l’entusiasmo di comunicare la fede sono capitoli importanti nella vita di noi cristiani, elementi di forza della nostra testimonianza all’interno della città degli uomini.
La fede è compagna di vita che permette di percepire con sguardo sempre nuovo le meraviglie che Dio compie per noi. Intenta a cogliere i segni dei tempi nell’oggi della storia, la fede impegna ognuno di noi a diventare segno vivo della presenza del Risorto nel mondo.
P. Gbattista Buonamano
direttore