Il Missionario Francescano n 2-3, marzo-aprile, 2013
il punto
Ero in Piazza S. Pietro la sera del 13 Marzo. Anch’io avevo partecipato a creare lo spettacolo che si ripete ogni volta che dal comignolo della cappella Sistina esce la fumata bianca, in occasione della celebrazione del Conclave. Dai quartieri, vicini a S. Pietro, la gente sciama verso la grande Piazza. Non vuole mancare all’annuncio dell’habemus Papam e prendere la prima benedizione del nuovo Pontefice.
Quando venne eletto Paolo VI, io ero nella Piazza, vicino alla grande fontana del lato sinistro.
Là sono stato per l’elezione di Giovanni Paolo I, di Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI, e là, ancora una volta, ho avuto la gioia di essere per l’elezione del nuovo Papa..
La sera del 13 Marzo l’atmosfera che aleggiava nella Piazza era davvero particolare. Si percepiva guardando i volti dei presenti, ascoltando i commenti, che in tutti c’era la consapevolezza che lo Spirito Santo avrebbe fatto una sorpresa, dandoci un Papa capace di rispondere alle attese che ognuno portava nel cuore. Sono bastati pochi minuti per rendersi conto che la sorpresa c’era stata ed era grande. I segni che hanno fatto da spia della “novità”, sono venuti subito. E la gente della Piazza è impazzita di gioia.
Primo segno, il nome Francesco. Il Poverello di Assisi, l’uomo della povertà e del distacco da tutto, preso a modello dal nuovo Vicario di Cristo. Subito è stata una sensazione di novità, di cambiamento di rotta, di sganciamento da quanto è sovrastruttura che non ha niente a che fare con il vangelo.
Accanto a me c’era un giovane, che era rimasto in silenzio per il tempo della’attesa, istintivamente ha allungato la mano toccandomi la spalla e, sorridendo,mi ha esclamato “che bello”. Bello che il successore di Pietro faccia riferimento a Francesco, a questo originale rivoluzionario della fede. Il 22 Marzo u.s., parlando ai diplomatici accreditati presso la S. Sede, il Pontefice ha detto i “motivi” per i quali ha scelto di chiamarsi Francesco: l’amore che Francesco aveva per i poveri e, ancora, per il richiamo costante del Poverello alla pace.
Secondo segno, il “buonasera”. Tra amici e tra fratelli ci si saluta così. Un linguaggio di famiglia, proprio come devono sempre considerarsi tutti i membri della Chiesa.
Terzo segno, il Papa inchinato per ricevere la benedizione da parte del popolo. Un minuto di silenzio che ha detto più cose di infiniti discorsi.
Questi giorni, poi, ho avuto tra le mani un libro in cui era riportata un’intervista rilasciata nel 2007 dall’allora Card. Bergoglio. Parlava dell’impegno apostolico della Chiesa nel mondo di oggi. Per chi lavora direttamente nel campo missionario, credo che le sue parole siano illuminanti per capire l’animo di papa Francesco e, nel contempo, traccino una linea maestra nel lavoro apostolico.
“ Per me – precisava – il coraggio apostolico è seminare. Seminare la Parola. Renderla a “quel lui” e a “quel lei” per i quali è data. Dare loro la bellezza del Vangelo, lo stupore dell’incontro con Gesù… e lasciare che sia lo Spirito Santo a fare il resto. E’ il Signore, dice il Vangelo, che fa germogliare e fruttificare il seme”.
Benvenuto tra noi, Papa Francesco!
P. Vittorio Trani, minstro provinciale