LETTERA DI PAPA BENEDETTO XVI AL VESCOVO DI ASSISI-NOCERA UMBRA-GUALDO TADINO IN OCCASIONE DELL’ “ANNO CLARIANO”,
Con gioia ho appreso che, in codesta Diocesi, come tra i Francescani e le Clarisse di tutto il mondo, si sta ricordando santa Chiara con un «Anno Clariano», in occasione dell’VIII centenario della sua «conversione» e consacrazione.
Tale evento, la cui datazione oscilla tra il 1211 e il 1212, completava, per così dire, «al femminile» la grazia che aveva raggiunto pochi anni prima la comunità di Assisi con la conversione del figlio di Pietro di Bernardone. E, come era avvenuto per Francesco, anche nella decisione di Chiara si nascondeva il germoglio di una nuova fraternità, l’Ordine clariano che, divenuto albero robusto, nel silenzio fecondo dei chiostri continua a spargere il buon seme del Vangelo e a servire la causa del Regno di Dio.
Questa lieta circostanza mi spinge a tornare idealmente ad Assisi, per riflettere con Lei, venerato Fratello, e la comunità affidataLe, e, parimenti, con i figli di san Francesco e le figlie di santa Chiara, sul senso di quell’evento. Esso infatti parla anche alla nostra generazione, e ha un fascino soprattutto per i giovani, ai quali va il mio affettuoso pensiero in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù, celebrata quest’anno, secondo la consuetudine, nelle Chiese particolari proprio in questo giorno della Domenica delle Palme.
Della sua scelta radicale di Cristo è la Santa stessa, nel suo Testamento, a parlare in termini di «conversione» (cfr. FF 2825). È da questo aspetto che mi piace partire, quasi riprendendo il filo del discorso svolto in riferimento alla conversione di Francesco il 17 giugno 2007, quando ebbi la gioia di visitare codesta Diocesi.
La storia della conversione di Chiara ruota intorno alla festa liturgica della Domenica delle Palme. Scrive infatti il suo biografo: «Era prossimo il giorno solenne delle Palme, quando la giovane si recò dall’uomo di Dio per chiedergli della sua conversione, quando e in che modo dovesse agire.
Il padre Francesco ordina che nel giorno della festa, elegante e ornata, si rechi alle Palme in mezzo alla folla del popolo, e poi la notte seguente, uscendo fuori dalla città, converta la gioia mondana nel lutto della domenica di Passione. Giunto dunque il giorno di domenica, in mezzo alle altre dame, la giovane, splendente di luce festiva, entra con le altre in chiesa. Qui, con degno presagio, avvenne che, mentre gli altri correvano a ricevere le palme, Chiara, per verecondia, rimase immobile e allora il Vescovo, scendendo i gradini, giunse fino a lei e pose la palma nelle sue mani» (Legenda Sanctae Clarae virginis, 7: FF 3168).
Erano passati circa sei anni da quando il giovane Francesco aveva imboccato la via della santità. Nelle parole del Crocifisso di San Damiano — «Va’, Francesco, ripara la mia casa» –, e nell’abbraccio ai lebbrosi, volto sofferente di Cristo, aveva trovato la sua vocazione. Ne era scaturito il liberante gesto dello «spogliamento» alla presenza del Vescovo Guido. Tra l’idolo del denaro a lui proposto dal padre terreno, e l’amore di Dio che prometteva di riempirgli il cuore, non aveva avuto dubbi, e con slancio aveva esclamato: «D’ora in poi potrò dire liberamente: Padre nostro, che sei nei cieli, non padre Pietro di Bernardone» (Vita Seconda, 12: FF 597).
La decisione di Francesco aveva sconcertato la Città. I primi anni della sua nuova vita furono segnati da difficoltà, amarezze e incomprensioni. Ma molti cominciarono a riflettere. Anche la giovane Chiara, allora adolescente, fu toccata da quella testimonianza. Dotata di spiccato senso religioso, venne conquistata dalla «svolta» esistenziale di colui che era stato il «re delle feste». Trovò il modo di incontrarlo e si lasciò coinvolgere dal suo ardore per Cristo. Il biografo tratteggia il giovane convertito mentre istruisce la nuova discepola: «Il padre Francesco la esortava al disprezzo del mondo, dimostrandole, con una parola viva, che la speranza in questo mondo è arida e porta delusione, e le instillava alle orecchie il dolce connubio di Cristo» (Vita Sanctae Clarae Virginis, 5: FF 3164).
Secondo il Testamento di Santa Chiara, ancor prima di ricevere altri compagni, Francesco aveva profetizzato il cammino della sua prima figlia spirituale e delle sue consorelle. Mentre infatti lavorava per il restauro della chiesa di San Damiano, dove il Crocifisso gli aveva parlato, aveva annunciato che quel luogo sarebbe stato abitato da donne che avrebbero glorificato Dio col loro santo tenore di vita (cfr. FF 2826; cfr. Tommaso da Celano, Vita seconda, 13: FF 599). Il Crocifisso originale si trova ora nella Basilica di Santa Chiara. Quei grandi occhi di Cristo che avevano affascinato Francesco, diventarono lo «specchio» di Chiara. Non a caso il tema dello specchio le risulterà così caro e, nella iv lettera ad Agnese di Praga, scriverà: «Guarda ogni giorno questo specchio, o regina sposa di Gesù Cristo, e in esso scruta continuamente il tuo volto» (FF 2902). Negli anni in cui incontrava Francesco per apprendere da lui il cammino di Dio, Chiara era una ragazza avvenente. Il Poverello di Assisi le mostrò una bellezza superiore, che non si misura con lo specchio della vanità, ma si sviluppa in una vita di autentico amore, sulle orme di Cristo crocifisso. Dio è la vera bellezza! Il cuore di Chiara si illuminò a questo splendore, e ciò le diede il coraggio di lasciarsi tagliare le chiome e cominciare una vita penitente. Per lei, come per Francesco, questa decisione fu segnata da molte difficoltà. Se alcuni familiari non tardarono a comprenderla, e addirittura la madre Ortolana e due sorelle la seguirono nella sua scelta di vita, altri reagirono violentemente.
La sua fuga da casa, nella notte tra la Domenica delle Palme e il Lunedì santo, ebbe dell’avventuroso. Nei giorni seguenti fu inseguita nei luoghi in cui Francesco le aveva preparato un rifugio e invano si tentò, anche con la forza, di farla recedere dal suo proposito.
A questa lotta Chiara si era preparata. E se Francesco era la sua guida, un sostegno paterno le veniva anche dal Vescovo Guido, come più di un indizio suggerisce. Si spiega così il gesto del Presule che le si avvicinò per offrirle la palma, quasi a benedire la sua scelta coraggiosa. Senza l’appoggio del Vescovo, difficilmente si sarebbe potuto realizzare il progetto ideato da Francesco ed attuato da Chiara, sia nella consacrazione che questa fece di se stessa nella chiesa della Porziuncola alla presenza di Francesco e dei suoi frati, sia nell’ospitalità che ella ricevette nei giorni successivi nel monastero di San Paolo delle Abbadesse e nella comunità di Sant’Angelo in Panzo, prima dell’approdo definitivo a San Damiano.
La vicenda di Chiara, come quella di Francesco, mostra così un particolare tratto ecclesiale. In essa si incontrano un Pastore illuminato e due figli della Chiesa che si affidano al suo discernimento. Istituzione e carisma interagiscono stupendamente. L’amore e l’obbedienza alla Chiesa, tanto rimarcati nella spiritualità francescano-clariana, affondano le radici in questa bella esperienza della comunità cristiana di Assisi, che non solo generò alla fede Francesco e la sua «pianticella», ma anche li accompagnò per mano sulla via della santità.
Francesco aveva ben visto la ragione per suggerire a Chiara la fuga da casa agli inizi della Settimana Santa. Tutta la vita cristiana, e dunque anche la vita di speciale consacrazione, sono un frutto del Mistero pasquale e una partecipazione alla morte e alla risurrezione di Cristo. Nella liturgia della Domenica delle Palme dolore e gloria si intrecciano, come un tema che si andrà poi sviluppando nei giorni successivi attraverso il buio della Passione fino alla luce della Pasqua.
Chiara, con la sua scelta, rivive questo mistero. Il giorno delle Palme ne riceve, per così dire, il programma. Entra poi nel dramma della Passione, deponendo i suoi capelli, e con essi rinunciando a tutta se stessa per essere sposa di Cristo nell’umiltà e nella povertà. Francesco e i suoi compagni sono ormai la sua famiglia. Presto arriveranno consorelle anche da lontano, ma i primi germogli, come nel caso di Francesco, spunteranno proprio in Assisi. E la Santa resterà sempre legata alla sua Città, mostrandolo specialmente in alcune circostanze difficili, quando la sua preghiera risparmiò ad Assisi violenza e devastazione. Disse allora alle consorelle: «Da questa città, carissime figlie, abbiamo ricevuto ogni giorno molti beni; sarebbe molto empio se non le prestassimo soccorso come possiamo nel tempo opportuno» (Legenda Sanctae Clarae Virginis 23: FF 3203).
Nel suo significato profondo, la «conversione» di Chiara è una conversione all’amore. Ella non avrà più gli abiti raffinati della nobiltà di Assisi, ma l’eleganza di un’anima che si spende nella lode di Dio e nel dono di sé. Nel piccolo spazio del monastero di San Damiano, alla scuola di Gesù Eucaristia contemplato con affetto sponsale, si andranno sviluppando giorno dopo giorno i tratti di una fraternità regolata dall’amore a Dio e dalla preghiera, dalla premura e dal servizio. È in questo contesto di fede profonda e di grande umanità che Chiara si fa sicura interprete dell’ideale francescano, implorando quel «privilegio» della povertà, ossia la rinuncia a possedere anche solo comunitariamente dei beni, che lasciò a lungo perplesso lo stesso Sommo Pontefice, il quale alla fine si arrese all’eroismo della sua santità.
Come non proporre Chiara, al pari di Francesco, all’attenzione dei giovani d’oggi? Il tempo che ci separa dalla vicenda di questi due Santi non ha sminuito il loro fascino. Al contrario, se ne può vedere l’attualità al confronto con le illusioni e le delusioni che spesso segnano l’odierna condizione giovanile. Mai un tempo ha fatto sognare tanto i giovani, con le mille attrattive di una vita in cui tutto sembra possibile e lecito. Eppure, quanta insoddisfazione è presente, quante volte la ricerca di felicità, di realizzazione finisce per imboccare strade che portano a paradisi artificiali, come quelli della droga e della sensualità sfrenata!
Anche la situazione attuale con la difficoltà di trovare un lavoro dignitoso e di formare una famiglia unita e felice, aggiunge nubi all’orizzonte. Non mancano però giovani che, anche ai nostri giorni, raccolgono l’invito ad affidarsi a Cristo e ad affrontare con coraggio, responsabilità e speranza il cammino della vita, anche operando la scelta di lasciare tutto per seguirlo nel totale servizio a Lui e ai fratelli. La storia di Chiara, insieme a quella di Francesco, è un invito a riflettere sul senso dell’esistenza e a cercare in Dio il segreto della vera gioia. È una prova concreta che chi compie la volontà del Signore e confida in Lui non solo non perde nulla, ma trova il vero tesoro capace di dare senso a tutto.
A Lei, venerato Fratello, a codesta Chiesa che ha l’onore di aver dato i natali a Francesco e a Chiara, alle Clarisse, che mostrano quotidianamente la bellezza e la fecondità della vita contemplativa, a sostegno del cammino di tutto il Popolo di Dio, e ai Francescani di tutto il mondo, a tanti giovani in ricerca e bisognosi di luce, consegno questa breve riflessione. Mi auguro che essa contribuisca a far riscoprire sempre di più queste due luminose figure del firmamento della Chiesa. Con un particolare pensiero alle figlie di santa Chiara del Protomonastero, degli altri monasteri di Assisi e del mondo intero, imparto di cuore a tutti la mia Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 1° Aprile 2012, Domenica delle Palme