In Indonesia la religione musulmana e la piu diffusa, mentre tra i cristiani i piu numerosi sono i protestanti.
Su 231 milioni di abitanti, i cattolici sono 8 milioni.
I francescani, lavorano per il dialogo interreligioso e i diritti umani.
Intervista a P. Antonio Razzoli, missionario in Indonesia
La presenza dei frati conventuali in Indonesia inizia nel 1936 a Bogor, a sud di Jakarta, inizialmente con i cattolici olandesi, in seguito, dopo l’indipendenza nel 1945, anche con gli indonesiani.
Nel 1962 la nostra chiesa venne eretta cattedrale. Tre chierici indonesiani divennero sacerdoti e aprirono nel 1967 una nuova missione nella diocesi di Medan. Non fu una missione fortunata, purtroppo il Superiore, P. Adeodato Laibahas, annego nel lago Toba; un suo confratello mori in un incidente stradale a Muntilan; Padre Paolo Lie Ka Kwi aspetto il drappello italiano nel 1968, ma poi torno in Germania per questioni di cittadinanza. La zona affidata, grande come il Molise, con centro Delitua a sud est della citta di Medan, aveva allora circa 100.000 abitanti di cui 2000 cattolici, con 12 stazioni missionarie di cui 5 con la chiesa semi permanente. Erano appena state avviate quattro scuole elementari. P. Giuseppe Brentazzoli, P. Ferdinando Severi, P. Antonio Murru furono i primi tre missionari, ospiti per due anni, del Signor Sembiring Depari, proprietario di una piccolo clinica. L’entusiasmo era tanto e ogni difficolta svaniva come neve al sole.
In dialogo con la cultura locale
Il primo approccio fu quello di conoscere la lingua e i valori della cultura dei “Karo”, la popolazione della zona, specialmente con quelli che avevano maggiore affinita con i valori cristiani. Per esempio, la cerimonia“pepitulayoken”: all’ottavo giorno la zia porta il neonato alla fonte o torrente del villaggio e lo lava e lo rilava per ottenere uno stadio di purificazione prima non posseduto. Cosi pure “Putar”, una specie di segno di croce fatto in fronte e sulle guance con il nero delle pentole per ottenere incolumita in battaglia o nelle liti. “Bura” una collana fatta di piccole conchiglie o semi, portata al collo come protezione verso gli spiriti. “Lau Simalem-malem” acqua in una tazza bianca bevuta a turno tra contendenti in segno di riconciliazione. Tali correlazioni facilitavano la comprensione dei valori evangelici e rendevano questa gente adatta a ricevere innesti di qualita e autenticita biblica.
Quali modalità avete seguito nell’evangelizzazione?
Il metodo della prima evangelizzazione fu proprio quello di valorizzare e purificare, portare l’uomo dalla nebulosità dell’animismo alla chiarezza della luce di Cristo, dall’incertezza dell’idolatria alla certezza della fede in Dio Padre, creatore di ogni cosa. Nella diffusione evangelica e stata utilizzata la rete parentale, che ha diverse modalita e tutte con una intensita considerevole, con sfumature spesso impercettibili per gli stranieri.
Basti pensare che un matrimonio normale ha 1500 e piu invitati, con rapporti di parentela ben determinati. Questa rete, ricchezza indiscussa del popolo Batak, e nello stesso tempo un mezzo di apostolato di prima efficienza. Vuol dire che, per esempio, una ragazza che si e accostata a Cristo nella scuola Cattolica, una volta promossa torna al villaggio portando la sua ricchezza culturale e religiosa; a quel punto i familiari, le amiche, il villaggio, insomma, avra delle domande da farle, cosi il passo verso Cristo, per l’intera comunita, non sara difficile. Le scuole, gli ospedali, gli istituti tecnici, fiore all’occhiello non solo della Chiesa Cattolica, ma della nazione Indonesiana, sono state il volano piu efficiente, sia per la diffusione del Vangelo sia come coefficiente piu alto di coesione per le centinaia di popoli dell’arcipelago a divenire nazione Indonesiana.
Non a caso il “Pancasila”, cinque principi del buon vivere democraticamente la costituzione stessa, sono nutriti di positivita Cristiana. Strano per una nazione che ora ha aspirazioni Islamiche, ma la storia ha il suo corso e non e che da accettare. I missionari di vari secoli fa’, come i Minori Conventuali del secolo scorso, sono andati per il primo annuncio evangelico, che ha comportato, innanzitutto, la costruzione di scuole e la loro gestione, ospedali e altre opere sociali.
Quale servizio pastorale svolgete oggi?
In sequito i fedeli sempre piu numerosi portarono alla costituzione di parrocchie e dopo anni il tipo di apostolato e cambiato, come a Delitua, primo nostro centro a Sumatra, dove ci si e avviati verso un servizio pastorale parrochiale, specie perche il clero locale era insufficiente in rapporto al numero dei fedeli. Nell’Implantatio Ecclesiae, di pari passo, si e pensato all’Ordine creando seminari e noviziato. Cosi pure il tipo di approccio nella vita di apostolato ha avuto uno stile francescano di semplicita e vicinanza con la gente, ancora oggi evidente, ma qua e la i segni del consumismo cominciano ad affacciarsi e la testimonianza francescana e sempre piu difficile. Il coinvolgimento dei laici nella devozione mariana e stato fin dall’inizio molto presente e continua ad esserlo. La devozione alla vergine Maria si esprime nel Rosario recitato a gruppi di famiglie in chiesa e all’aperto nelle grotte mariane, che sorgono un po’ ovunque, luoghi indicati, soprattutto, per i fine settimana di ritiro spirituale. Purtroppo la Teologia Mariano Kolbiana e piuttosto meditativa e difficile da diffondere fra la popolazione; in Indonesia e molto diffusa la “Legio Mariae” e per non fare doppioni, la Milizia Immacolata e stata diffusa fra gli aspirati e i frati dell’Ordine.
Ci parli dell’impegno socio-caritativo e impegno tra gli ultimi?
L’impegno socio-caritativo e stato decisamente preminente. Scuole con piu di 10.000 alunni dall’asilo alle superiori e ultimamente la scuola superiore di catechesi con titolo accademico. Tante le opere, anche gestite dai fedeli: orfanotrofi, lebbrosari, cliniche e istituti per disabili, dove vengono fatte centinaia di operazioni per disabili e tante opere minori.
Fra i donatori dobbiamo ricordare la Caritas Antoniana, Zambia 2000 e naturalmente la Provincia Bolognese. Inutile dire che tutto e stato possibile per il grande e intenso coinvolgimento della gente, ma anche per l’evidente necessita di tali realizzazioni. Il principio portante era di non fare regali, ma di utilizzare fondi che ritornassero in un decennio per fare altre realizzazioni. Per quanto riguarda esperienze di “inserimento” tra gli ultimi, possiamo dire che nella zona da noi seguita non ci sono casi estremi di miseria. Qui gli ultimi sono gli analfabeti e abbiamo concentrato i nostri maggiori sforzi per debellare questa piaga. Nel lebbrosario costruito per 12 famiglie, ora ne sono presenti solo quattro e in futuro non prevediamo un loro aumento.
Siamo inseriti in mezzo alla gente e il loro affetto ci dice che un pò di Francesco e Antonio siamo riusciti a trasmetterli.
La dimensione francescana è quindi ben accolta in terra indonesiana
La specificità francescana e stata ed e il leitmotiv del nostro essere e del nostro apostolato fatto di discreta e continua presenza fra la gente. La strada verso “La Verna” e in salita, non solo perche la cultura del posto, che vede nelle possibilità generative, una garanzia di futuro, ma anche il vento tiepido e insistente del consumismo che comincia a farsi sentire.
Le vocazioni locali sono affascinate dal ruolo del sacerdote che porta Cristo Eucarestia, pane di vita e forza di salvezza, meno attratte dalla vita religiosa in se. Rimane pur vero, pero, che la vita di insieme che appartiene alla mentalità del posto e un coefficiente che raggruppa e porta verso Francesco e il suo stile di vita.
Il passaggio tra missionari e nativi non comporta difficoltà eccessive. Le difficoltà sono di altro genere: il caldo afoso e umido che porta spossatezza; le debolezze di vario genere che ci accompagnano sempre nella salita verso il monte del Signore.
In questi ultimi anni e stato evidente lo sforzo di trasmettere alle nuove generazioni la gioia francescana, l’amore alla liturgia e la centralità di Cristo crocifisso fonte di perdono, riconciliazione e salvezza. Soltanto che la cultura del posto ha diversi limiti: la gioia e l’allegria non hanno posto nel repertorio ufficiale della vita. Ci vorrà molto sforzo e qualche “profeta” per fare breccia e divenire parte della cultura. Una mestizia velata caratterizza la cultura indonesiana in genere, una eccessiva esigenza di ufficialità avvolge la vita di questo arcipelago.
L’amore alla liturgia, invece, e cosa molto naturale, innata. Ricordiamo la cerimonialità degli atteggiamenti, l’attenzione alle piccolo cose, il valore dei simboli, il timore verso il sacro; sono aspetti che se illuminati da buona Teologia Liturgica, porteranno frutti abbondanti.
La croce simbolo del perdono salvifico, anche se elemento esterno alla loro cultura ha giafatto breccia nel cuore dei più, specie nella parte est dell’Indonesia dove il Cristianesimo portato nel XVI secolo e penetrato in profondità e fa ormai parte della cultura.
Particolare interesse merita il rapporto natura-cultura, la ricchezza della vegetazione, i panorami affascinanti, la misteriosità delle acque e dei vulcani, la convinzione che il Creatore abbia lasciato in ogni cosa la prezenza del suo Spirito, lega l’uomo al creato in simbiosi profonda e misteriosa. Perfezionare e allungare tale segmento “natura, cultura, Dio Padre” e la missione della generazione locale e in ciò S. Francesco e riconosciuto come maestro e guida.