Messaggio della Commissione Episcopale per il clero e la vita consacrata per la 16a Giornata Mondiale della vita consacrata (2 febbraio 2012)
Educarsi alla vita santa di Gesù
La celebrazione annuale della Giornata mondiale della vita consacrata ci invita anzitutto a esprimere un sentito ringraziamento per la testimonianza evangelica e il servizio alla Chiesa e al mondo offerto da voi, che vi siete consacrati totalmente nella sequela di Gesù Cristo. La vostra presenza carismatica e la vostra dedizione, in tempi non facili, sono una grazia del Signore, un segno profetico ed escatologico mai abbastanza apprezzato.
Proprio la stima e la riconoscenza che nutriamo per voi ci spinge a sollecitarvi ad accogliere cordialmente gli orientamenti pastorali che la Chiesa in Italia si è data per questo decennio.
“Educare alla vita buona del Vangelo” implica certamente l’educare alla vita santa di Gesù. È questo il dono e l’impegno di ogni persona che voglia farsi discepola di Gesù, specialmente di chi è chiamato alla vita consacrata. “Veramente la vita consacrata costituisce memoria vivente del modo di esistere e di agire di Gesù come Verbo incarnato di fronte al Padre e di fronte ai fratelli” (Giovanni Paolo II, Vita consecrata, n. 22). Il proprium della vita consacrata è riproporre la forma di vita che Gesù ha abbracciato e offerto ai discepoli che lo seguivano: l’evangelica vivendi forma. Questa costituisce una testimonianza fondamentale per tutte le altre forme di vita cristiana e tratteggia un ideale percorso educativo, antropologico ed evangelico.
A partire da questa prospettiva, intendiamo richiamare quattro note che mostrano la coerenza della vita con la vostra specifica vocazione e al tempo stesso manifestano la fecondità di un assiduo cammino formativo.
1) Il primato di Dio. Papa Benedetto XVI insiste sul fatto che la sfida principale del tempo presente è la secolarizzazione, che porta all’emarginazione di Dio o alla sua insignificanza, per cui l’uomo resta solo con la sua rabbia e la sua disperazione. Urge una nuova evangelizzazione, che metta al centro dell’esistenza umana il primo comandamento di Dio, la confessio Trinitatis e la Parola di salvezza, di cui voi avete profonda esperienza spirituale. Nella misura in cui testimoniate la bellezza dell’amore di Dio, che segue l’uomo con infinita benevolenza e misericordia, voi spandete quel “buon profumo divino” che può richiamare l’umanità alla sua vocazione fondamentale: la comunione con Dio. Nella vostra esistenza trasfigurata dalla bellezza della sua santità, siete chiamati ad anticipare la comunità “senza macchie e senza rughe”, “il cielo nuovo e la terra nuova” che ogni uomo desidera (cfr Ap 21,1).
2) La fraternità. La fraternità universale è il sogno di Dio, Padre di tutti. La dilagante conflittualità che deteriora le relazioni umane mostra la perenne attualità della missione di Cristo e dei suoi discepoli: raccogliere in unità i figli di Dio dispersi. La Chiesa è segno e sacramento di questa comunione. “Per presentare all’umanità di oggi il suo vero volto, la Chiesa ha urgente bisogno di comunità fraterne, le quali con la loro stessa esistenza costituiscono un contributo alla nuova evangelizzazione” (Vita consecrata, n. 45). Che bella testimonianza ecclesiale possono offrire alle parrocchie, alle famiglie e ai giovani autentiche fraternità, capaci di accoglienza, di rispetto e di accompagnamento! Sono segni di un amore che sa aprirsi alla Chiesa particolare, a quella universale e al mondo. Tocca alle comunità religiose essere scuole di fraternità che impegnano i propri membri alla formazione permanente alle virtù evangeliche: umiltà, accoglienza
dei piccoli e dei poveri, correzione fraterna, preghiera comune, perdono reciproco, condividendo la fede, l’affetto fraterno e i beni materiali (cfr At 2-4; 1Pt 3,8-9). Gesù prega, perché i suoi discepoli “siano una sola cosa”, come lui lo è con il Padre (cfr Gv 17,21). Come ci insegna Benedetto XVI, “mediante l’unità umanamente inspiegabile dei discepoli di Gesù viene legittimato Gesù stesso” (Gesù di Nazaret, vol. II, p.112) e tutti possono giungere alla fede.
3) Lo zelo divino. In un mondo monotono e apatico, dominato dagli istinti e dalle passioni, Gesù e i suoi discepoli testimoniano la forza straordinaria dello zelo divino, che proviene dallo Spirito Santo. Dio è amore, “fuoco divorante”, roveto ardente che brucia senza mai consumarsi (cfr Es 3,2). Nel Cantico dei Cantici, la sposa grida: “Le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma divina! Le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo” (8,6-7). Il profeta Elia, “pieno di zelo per il Signore” (1Re 19,10), ha comportamenti e parole che lo rendono simile al fuoco. Il profeta Geremia non riesce a contenere nel suo cuore il fuoco ardente di un’irresistibile seduzione (cfr Ger 20,7). Gesù è venuto “a portare il fuoco sulla terra” per accenderla del suo amore (cfr Lc 12,49). Dove passa porta la pace, il perdono, la guarigione, ma anche la divisione. I discepoli, vedendolo, si ricordano delle parole del salmista: “Lo zelo per la tua casa mi divorerà” (Gv 2,17; cfr Sal 69,10). Benedetto XVI, rivolgendosi ai superiori e alle superiore generali degli istituti di vita consacrata e delle società di vita apostolica ebbe a dire: “Appartenere al Signore vuol dire essere bruciati dal suo amore incandescente, essere trasformati dallo splendore della sua bellezza […]. Essere di Cristo significa mantenere sempre ardente nel cuore una viva fiamma d’amore” (discorso del 22 maggio 2006).
Dovremmo preoccuparci non tanto della contrazione numerica delle vocazioni, quanto della vita tutto sommato mediocre di molti, in cui sembra persa la traccia dello zelo, della passione, del fuoco d’amore che animava Gesù e i santi. Per la nuova evangelizzazione a cui la Chiesa oggi è chiamata occorrono nuovi santi, appassionati di Gesù e dell’uomo, sentinelle che sanno intercettare gli orizzonti della storia, in cui ancora una volta Dio ha deciso di servirsi delle creature per realizzare il suo disegno d’amore. Da sempre la vita consacrata è stata laboratorio di nuovo umanesimo, cenacolo di cultura che ha fecondato la letteratura, l’arte, la musica, l’economia e le scienze. È un impegno a cui siamo fortemente chiamati in questo tempo difficile.
4) Stile di vita. La povertà evangelica favorisce uno stile di vita all’insegna dell’essenzialità, della gratuità, dell’ospitalità, superando le derive dell’omologazione e del consumismo. La castità consacrata aiuta a riqualificare la sessualità e a dare ordine e significato vero agli affetti, orientandoli a un amore fedele e fecondo. L’obbedienza libera dall’individualismo e dall’orgoglio, per renderci servi di Dio e disponibili a fare la sua volontà mettendoci a servizio delle persone che lui ci affida, specialmente i poveri. Vissuti sull’esempio di Cristo e dei santi, i consigli evangelici costituiscono una vera testimonianza profetica dal profondo significato antropologico, che suppone e richiede un grande impegno educativo. È un cammino da compiere con umiltà, discrezione e misericordia, perché tale Gesù si è mostrato a noi. Lo zelo divino si è coniugato in lui con la costanza che ha vinto le resistenze più dure, con la paziente fiducia che ha superato i pregiudizi più perversi, con l’amore misericordioso che lo ha spinto a dare se stesso in offerta per tutti. Se lo Spirito di Gesù abita nei nostri cuori, anche noi potremo fare quel che ha fatto lui.
Cari consacrati, care consacrate, vi accompagni e vi protegga la Vergine Maria, perfetta discepola e dolce maestra. Vi benedicano dall’alto i santi fondatori, i cui carismi illuminano il vostro cammino, tracciando per voi la strada della vita buona del Vangelo.
Roma, 6 gennaio 2012, Solennità dell’Epifania del Signore
LA COMMISSIONE EPISCOPALE PER IL CLERO E LA VITA CONSACRATA