Pietro De Lucia
Lo spirito di Assisi: via per la nuova evangelizzazione. Questo è stato il tema della 26ma assemblea missionaria nazionale francescana che si è svolta ad Assisi dal 25 al 28 agosto. Come ogni anno il centro nazionale missionario francescano dei frati conventuali, ha chiamato a raccolta sacerdoti, religiosi e laici provenienti da tutta Italia per riflettere su un tema importante quanto delicato; il dialogo interreligioso. Sulla scia dell’evento che segnò una “svolta” nel cammino del Dialogo tra le religioni, il 27 ottobre del 1986, quando papa Giovanni Paolo II convocò ad Assisi i capi di tutte le religioni. I frati minori conventuali, con notevole e riconosciuto impegno, non si sono risparmiati per far si che la convocazione dei rappresentanti di tutte le religioni non restasse un evento isolato e privo di continuità nella storia della Chiesa e non solo.
Il convegno, della durata di tre giorni, ha avuto il seguente programma: la sera del primo giorno noi convegnisti siamo stati accolti da P.GBattista, il quale da subito ha cercato di farci sentire a casa nostra creando un clima di grande fraternità. Dopo la sistemazione nei vari luoghi che ci hanno ospitato, ci siamo ritrovati nella cappella S. Caterina per un breve momento di preghiera che ci ha introdotti e calati in un necessario clima di ascolto e di raccoglimento. La mattina successiva, dopo la celebrazione delle lodi e della S. Messa, ci siamo ritrovati nella sala Romanica per entrare nel vivo del convegno ascoltando le due relazioni previste. La prima, tenuta da P. Silvestro Bejan, la seconda, tenuta da P. Edoardo Scognamiglio.
P. Silvestro nel suo intervento ha evidenziato alcuni punti:
- Cos’ è successo dopo il 1986?
- Da quando nella Chiesa si può parlare di Dialogo?
- Il decalogo del Dialogo
Prima di “elencare” i vari incontri che si sono succeduti all’incontro del 27 ottobre 1986 che potremmo definire fondativo, p. Silvestro ha sottolineato un’espressione fondamentale che fu proprio di Giovanni Paolo II e che è necessaria per poter comprendere cosa aveva spinto il pontefice a convocare i capi delle religioni. “Ci ritroviamo qui ad Assisi non per pregare insieme ma insieme per pregare”. Quello che apparentemente sembra solo un gioco di parole è propedeutico per una chiara comprensione del dialogo interreligioso. Inoltre il Papa volle dare a quell’evento di grazia alcuni caratteri; il Silenzio, la Preghiera, il Digiuno e il Pellegrinaggio.
Il 10 e 11 gennaio 1993 mentre era in corso la guerra nei Balcani tra le nazioni sorte dalla ex Iugoslavia, Giovanni Paolo II, di fronte ai fatti di una feroce violenza e di fronte ad una ulteriore prova della incapacità dell’uomo a trovare le vie della pace, affermò che “soltanto nella mutua accettazione dell’altro e nel conseguente mutuo rispetto, reso più profondo dall’amore, risiede il segreto di una umanità finalmente riconciliata”.
Il 24 gennaio 2002, dopo i terribili eventi dell’11 settembre 2001 che avevano mostrato a tutto il mondo la forza distruttrice dell’odio e del terrorismo capaci di esplodere in ogni angolo del mondo, quando ancora bruciavano le Torri Gemelle di New York e a Kabul cadevano le bombe, il Papa invitò ancora una volta a ritrovarsi in Assisi chiedendo alle varie religioni di farsi strumento di pace perché l’odio e la guerra non portano se non altro odio ed altra guerra.
Mentre il 2 settembre 2006, Benedetto XVI ci ha donato un suo Messaggio per commemorare il 20mo anniversario di questo straordinario avvenimento dello “spirito di Assisi” evento di vita e di speranza che aleggia sulle oscure trame della storia.
Per quanto riguarda il secondo punto, il relatore sottolineava che è proprio a partire da s. Francesco che noi possiamo parlare di Dialogo. Infine p. Silvestro ci ha dato un elenco (decalogo) in dieci punti che vuole essere un aiuto su come vivere e costruire il Dialogo.
Nella seconda relazione, p. Edoardo ha voluto farci notare alcuni elementi che potremmo sintetizzare così:
- Nuovo contesto nel quale dialoghiamo
- Il dialogo come paradosso
- La non reciprocità
- Riscoprire il Concilio Vaticano II
Padre Edoardo faceva notare che oggi ci troviamo a dialogare in un contesto postmoderno, quindi non possiamo continuare a dialogare allo stesso modo di come per es. si dialogava venti anni fa. Quindi anche nell’uso degli strumenti del dialogo bisogna non trascurare questo dato di fatto. Mentre per quanto riguarda il Dialogo come paradosso, padre Edoardo ci diceva che il Dialogo si avvale della logica del silenzio e del perdono e si apre alla speranza della pasqua, cioè di vedere il bene nei fratelli, proprio come fece il Risorto che non rinfacciò a nessuno alcun tradimento o torto subito. Il dialogo quindi si apre alla comunione.
L’intuizione del Poverello è stata proprio la sua capacità di vedere i fratelli come un dono di Dio e non come una minaccia da cui difendersi. E proprio parlando di dono possiamo accennare il terzo punto, dove il relatore con grande chiarezza e decisione affermava che la reciprocità è auspicabile, è desiderabile, favorisce certamente il Dialogo, ma non la possiamo pretendere né tantomeno può scoraggiarci nel cammino del Dialogo. Infatti Cristo è morto sulla croce nel più assoluto silenzio e senza aspettarsi nulla. Il relatore ci ha anche invitato a riscoprire il Vaticano II e in modo particolare la dichiarazione Nostra Aetate, (documento che riguarda proprio le relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane), facendo sua un’affermazione del cardinale Maria Martini: “il Concilio Vaticano II è davanti a noi”. Infine p. Edoardo ha ribadito che S. Francesco non ha “inventato” il Dialogo, ma non ha fatto altro che riprendere la dimensione dialogica che è costitutiva all’uomo stesso.