800 anni della consacrazione di Santa Chiara
A buon diritto il mese di Ottobre ha acquisito la definizione di “mese missionario”, mese in cui ogni cristiano è chiamato a fare ancora più suo l’appello ad annunciare l’Evangelo. Annuncio ad ogni terra e ad ogni creatura, secondo la parola del Signore: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15). Il mondo è l’esteso campo per la semina, il cuore di ogni uomo è il destinatario del buon seme della Parola: “Il campo è il mondo e terra buona sono coloro che ascoltano la parola con cuore buono e perfetto…, la custodiscono…, portano frutto”(cfr Lc 8,15).
Il Signore Gesù constata l’estensione della messe e le molteplici esigenze dell’annuncio: “La messe è abbondante ma pochi sono gli operai…” e infonde un coraggio nuovo ai suoi discepoli donando loro un insegnamento illuminante: “… Pregate dunque il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe. Andate…”(Lc 10,2 ss). A partire dalla constatazione del reale che oppone la misura della messe -molta- a quella degli operai – pochi -, viene così indicata ai discepoli di ogni tempo, a noi, la modalità prima e primaria per annunciare il Regno di Dio. Tale modalità anticipa il movimento del corpo di chi si mette in cammino “verso”, coinvolgendo ed animando il cuore nella sua opera più alta e nobile: quella della preghiera.
Nella redazione lucana, il testo greco ammette un’interpretazione audace che pone l’andare come un imperativo, mentre il pregare come una disposizione costante e permanente che lo accompagni, che non solo ne sostenga i passi nel loro avvio ma sia desiderio, passione, vigoria del suo stesso incedere.
Preghiera, dunque, come risorsa-base dell’annuncio, come “corredo” che non è lecito lasciare prima di mettersi in viaggio verso la terra dell’altro. “Non portate borsa, né sacca, né sandali”, raccomanda Gesù ai settantadue discepoli, ma… “Portate -sembra voler continuare- portate sempre con voi la preghiera facendo di essa la vera risorsa di tutto il vostro essere, l’unica bisaccia da prendere”. Se così faremo, potremo trovarci in qualsiasi circostanza, favorevole o avversa, ed essere come il giovane Davide di fronte al Filisteo, (cfr 1 Sam 17,38ss) liberi da ogni pesante armatura ed accessoriati di quanto ci occorre veramente, di quella “parte migliore che non ci sarà tolta” (Lc 10,42). Essa è la comunione con Dio e con il Figlio suo di Gesù Cristo attraverso lo Spirito Santo. Pregare è aprirsi ad accogliere questa grazia per essere e rimanere in dialogo con Lui. Solo questo ci costituisce come annunciatori veritieri e credibili. Convincenti perché…convinti! Convinti perché rafforzati nel nostro “uomo interiore”, là dove é riposto il “tesoro” inestimabile che conteniamo nella semplicità della terra di cui siamo fatti, nella fragilità della nostra creta, nella consapevolezza d’essere deboli e non migliori degli altri. Proprio così il Signore ci manda: spogli di noi stessi, poveri di cose ma ricchi di pace e fiducia in Lui perché ricchi di preghiera. Senza mai dimenticare che è Lui a muovere i cuori, Lui ad attrarli, Lui a “suscitare il volere e l’operare” (Fil 2,13), Lui “a compiere, con la sua potenza, ogni nostra volontà di bene e l’opera della nostra fede” (cfr 2Ts 1,11) perché in tutti “sia glorificato il nome del Signore Gesù” (2Ts 1,12).
Colonna di nube durante il giorno e colonna di fuoco nella notte, come fu la presenza del Signore per gli israeliti all’uscita dal paese d’Egitto, la preghiera domanda, chiede, ottiene che Lui abiti il nostro cuore così come quello di coloro ai quali andremo. Nella certezza che Egli, il Dio-con-noi, ci precede e ci accompagna “senza venir meno” (cfr Es 13,21.22). Egli è anche Colui che ci attende là dove ci chiama. E ci sorprende ogni volta, donandoci di poter vedere, come Mosè, il suo mistero d’amore forte come il fuoco, rovèto perennemente ardente, “grande spettacolo”(cfr Es 3,2ss) che invece di consumare, ri-chiama ri-genera a vita e ad amore ogni cosa.
La preghiera è entrare nel luogo e nel tempo di Dio “togliendo i sandali”, é accostarci al Santo con l’intima gioia di saperci figli nel Figlio suo Gesù. Pregare è ascoltare la Voce delle voci che dentro di noi chiama Dio per nome e incessantemente dice: “Abbà !” Pregare è stringersi a Cristo, per lanciarsi lontano. Perché tutto posa e riposa su di Lui. Se il bagaglio vitale della preghiera non mancherà al nostro viaggio, avremo ali di Spirito capaci di scrollare ogni polvere.
Santa Chiara, donna missionaria perché donna di preghiera, scrive in una sua lettera: “Avanza, vai sicura, alacre, nel gaudio, con corsa veloce, passo leggero, senza inciampi ai piedi, così che i tuoi passi nemmeno raccolgano la polvere…”(cfr II LAg). Chiara è conscia, per esperienza vissuta, che chi prega solca le strade del mondo collaudando quelle che sono le vie dello Spirito. Chi prega è missionario: parte da sé e, prendendo per mano i fratelli, restituisce a Dio il mondo intero. Davanti alla “fatica” dell’annuncio fino all’eventuale rifiuto da parte degli uomini (il “se non vi accoglieranno”), ecco che il credente, con la forza disarmata dell’annuncio, propone a tutti un Regno dai criteri “capovolti” rispetto ai regni umani e alle tentazioni che li insidiano e, alle volte, purtroppo, li dominano. Così noi, consegnati interamente alla missione che Dio ci ha donato possiamo rivestirci di leggerezza e audacia per varcare orizzonti inediti, per approcciare il mistero dell’uomo nel nome di Cristo, con l’energia dello Spirito che, sin dagli inizi, anima e muove l’intera Chiesa.
Monastero S. Cuore, Roma